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Paolini1-Eragon.doc - Volodyk

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Una volta lontani dallo sguardo delle sentinelle. Brom raddrizzò la schiena e borbottò: «Un po' tocco, eh?»

«Non potevo lasciare a te tutto il divertimento» lo canzonò Eragon. Brom distolse lo sguardo e mormorò qualcosa fra i denti. Le case erano grigie, tristi. Piccole finestre incassate lasciavano entrare rari raggi di luce. Gli usci erano stretti, i tetti piatti, circondati da ringhiere di metallo e coperti da lastre di ardesia. Eragon notò che le case più vicine alla muraglia di Teirm erano le più basse, mentre diventavano più alte via via che si procedeva verso l'interno. Quelle vicine alla fortezza erano le più alte, ma sempre insignifi canti rispetto alla sua mole.

«Questo posto sembra pronto alla guerra» commentò Eragon. Brom annuì. «La storia dì Teirm è un susseguirsi di attacchi da parte dei pirati, degli Urgali e di altri nemici. Questa città è stata a lungo il crocevia di intensi commerci, e c'è sempre battaglia, dove si accumulano tante ricchezze. Gli abitanti sono stati costretti a prendere misure straordinarie per difendersi. E aggiungi il fatto che Galbatorix ha mandato i suoi soldati per aiutarli a difendere la città.»

«Perché certe case sono più alte?»

«Guarda la fortezza» disse Brom, indicandola. «Da lassù si ha una vista completa di Teirm. Se qualcuno riuscisse ad aprire una breccia nella muraglia esterna, sui tetti verrebbero disposti gli arcieri. Poiché le case davanti, accanto alla muraglia, sono più basse, gli uomini più indietro potrebbero scoccare tranquillamente i loro dardi, senza paura di colpire i compagni, E se il nemico riuscisse a impossessarsi delle prime case e disporvi i propri arcieri, sarebbe uno scherzo abbatterli dall'alto.»

«Non ho mai visto una fortezza progettata in questo modo» disse Eragon, affascinato. «Sì, ma questo accadde solo dopo che Teirm fu quasi rasa al suolo da un'incursione pirata» disse Brom. Al loro passaggio, la gente li osservava incuriosita, ma senza eccessivo interesse. In confronto a come ci hanno accolti a Darei, qui ci ricevono a braccia aperte. Forse Teirm è sfuggita all'attenzione degli Urgali, pensò Eragon. Ma cambiò subito parere quando un.uomo di corporatura robusta li superò, con una lunga spada appesa alla cintura. Altri piccoli indizi alludevano a tempi turbolenti: non c'erano bambini che giocavano per strada, la gente aveva l'espressione torva e molte case erano deserte, con le erbacce che crescevano dalle fessure nei cortili lastricati. «Pare che se la passino male» disse Eragon. .

«È uguale dappertutto» disse Brom, cupo. «Dobbiamo trovare Jeod.» Guidarono i cavalli verso una taverna dall'altro lato della strada e li legarono ai pali di posta. «La Castagna Verde... splendido» mormorò Brom, osservando l'insegna sbiadita che pendeva sulle loro teste. Entrarono. Il locale era squallido e aveva ben poco di rassicurante. Il fuoco languiva nel caminetto, ma nessuno si prendeva la briga di aggiungere altra legna. I pochi avventori seduti negli angoli tenevano lo sguardo fisso sui propri boccali con espressione triste. Un uomo a cui mancavano due dita era seduto a un tavolo lontano e studiava i propri moncherini deformi. L'oste aveva una smorfia amara sulle labbra e teneva in mano un bicchiere che puliva in modo ossessivo, malgrado fosse rotto. Brom si appoggiò al bancone e chiese: «Sai dove posso trovare un uomo che si chiama Jeod?» Eragon, al suo fianco, giocherellava con la punta dell'arco che teneva a tracolla. Ma si sarebbe sentito più sicuro se l'avesse potuto impugnare.

L'oste si rivolse loro a voce molto alta. «E perché dovrei sapere una cosa del genere? Non è che sto dietro a tutti gli zotici di questo posto dimenticato dagli dei!» Eragon si fece piccolo piccolo quando tutti gli sguardi si appuntarono su di loro.

Brom continuò a parlare in tono tranquillo. «Forse queste potrebbero aiutarti a ricordare?» disse, e fece scivolare alcune monete sul banco.

L'uomo si illuminò e posò il bicchiere. «Può darsi» disse, abbassando la voce. «ma la mia memoria ha bisogno di un'altra spintarella.» Brom si accigliò, ma fece comparire altre monete sul banco. L'oste si succhiò l'interno della guancia, incerto. «D'accordo» disse alla fine, e tese una mano verso il denaro. Prima che potesse toccarlo, l'uomo senza due dita esclamò dal tavolo: «Garetti, cosa diamine credi di fare? Chiunque sa dirgli dove abita Jeod. Perché chiedi soldi per questo?» Brom si affrettò a rimettere le monete nella bisaccia. Gareth scoccò un'occhiata velenosa all'uomo seduto al tavolo, poi volse la schiena ai due viaggiatori e riprese il bicchiere. Brom si avvicinò allo straniero e disse: «Grazie. Mi chiamo Neal. Lui è Evan.»

L'uomo li salutò sollevando il boccale. «Martin, e ovviamente quello è Gareth.» La sua voce era bassa e roca. Martin indicò un paio di sedie vuote. «Prego, sedetevi. Fatemi compagnia.» Eragon prese una sedia e la sistemò in modo da dare le spalle al muro e il viso alla porta. Martin inarcò un sopracciglio, ma non fece commenti.

«Mi hai appena fatto risparmiare qualche corona» disse Brom.

«Non c'è di che. Ma non prendertela con Gareth, gli affari non vanno molto bene di recente.» Martin si grattò il mento. «Jeod vive nel quartiere ovest della città, vicino ad Angela, l'erborista. Dovete trattare affari con lui?»

«Più o meno» rispose Brom.

«Be', non credo sia interessato a comprare niente; qualche giorno fa ha perso un'altra nave.» Brom soppesò la notizia con interesse. «Che cosa è successo? Sono stati gli Urgali?» «No» rispose Martin. «Non si vedono da quasi un anno. Se ne sono andati via da questa regione, diretti a sudest, pare. Ma non sono loro il problema. La maggior parte dei nostri commerci avviene via mare, come di certo saprete. Be'...» S'interruppe per bere un sorso dal boccale. «... Da diversi mesi qualcuno ha cominciato ad attaccare le nostre navi. Non sono i soliti pirati, perché vengono abbordate solo quelle che trasportano le merci dì certi mercanti. Jeod è uno di loro. La cosa si è fatta tanto grave che nessun comandante accetta più di trasportare le loro merci, il che ha reso la vita piuttosto difficile da queste parti, specie perché alcuni di loro tengono le redini dei più grossi giri di affari dell'Impero. Sono stati costretti a spedire le merci via terra, ma i costi sono altissimi, e certe carovane non arrivano nemmeno a destinazione.»

«Hai idea di chi siano i responsabili? Devono esserci dei testimoni» disse Brom.

Martin scosse la testa. «Nessuno è sopravvissuto agli attacchi. Le navi salpano, e poi scompaiono; nessuno è mai tornato.» Si protese verso di loro è disse in tono confidenziale: «I marinai dicono che si tratta di stregoneria.» Annuì e ammiccò, poi si appoggiò di nuovo allo schienale della sedia. Brom parve preoccupato a quelle parole. «E tu che cosa ne pensi?»

Martin si strinse nelle spalle. «Non lo so. E non credo che lo saprò mai, a meno che non sia tanto sfortunato da trovarmi imbarcato su una di quelle navi catturate.»

«Sei un marinaio?» domandò Eragon. «No» disse Martin sbuffando. «Ti sembro uno di quelli? I comandanti mi ingaggiano per difendere le loro navi dai pirati. E quella lurida feccia non è molto attiva, di recente. Comunque, è sempre un buon lavoro.»

«Piuttosto pericoloso» commentò Brom. Martin alzò di nuovo le spalle e finì di bere la sua birra. Brom ed Eragon se ne andarono, diretti verso il quartiere ovest della città, decisamente una delle più belle zone di Teirm. Le case erano pulite, grandi e ricche di decori. La gente nelle vie vestiva elegante e camminava con sussiego. Eragon provò la netta sensazione di essere fuori luogo.

UN VECCHIO AMICO

I

l negozio dell'erborista aveva un'insegna allegra, facile da riconoscere. Sulla soglia era seduta una donnetta minuta, con una massa di riccioli scuri. In una mano teneva una rana, e con l'altra scriveva. Eragon immaginò che dovesse trattarsi di Angela, l'erborista. Su entrambi i lati della

bottega c'era una casa. «Quale sarà?» chiese a Brom.

Brom studiò le case, poi disse: «Scopriamolo.» Si avvicinò alla donna e chiese con cortesia: «Potresti dirmi in quale casa abita Jeod?»

«Certo.» La donna continuò a scrivere.

«Ti spiacerebbe dircelo?»

«No.» Tacque di nuovo, ma la sua penna si muoveva più veloce che mai. La rana sulla sua mano gracidò e li guardò con occhi malevoli. Brom ed Eragon attesero perplessi, ma la donna non disse altro. Eragon era sul punto di sbottare, quando Angela alzò lo sguardo. «Certo che non mi dispiace! Tutto quello che dovete fare è chiedere. La vostra prima domanda era se potevo dirvelo, e la seconda se mi dispiaceva dirvelo. Ma non mi avete posto la domanda diretta.»

«Allora lascia che te lo chieda nel modo giusto» disse Brom con un sorriso. «Qual è la casa di Jeod? E perché tieni in mano una rana?»

«Ora sì che ci siamo» disse lei, scherzosa. «Jeod abita nella casa di destra. E quanto alla rana, in realtà è un rospo. Sto cercando di dimostrare che i rospi non esistono... che sono soltanto rane.» «Come fanno i rospi a non esistere se ne tieni uno in jnano in questo momento?» s'intromise Eragon. «E poi, a che cosa serve provare che esistono soltanto le rane?»

La donna scosse la testa con veemenza; i riccioli scuri dondolarono. «No, no, non capisci. Se provo che i rospi non esistono, allora questa è una rana e non è mai stato un rospo. Quindi, il rospo che vedi ora non esiste. Inoltre» aggiunse, alzando l'indice sottile. «se posso provare che esistono soltanto le rane, allora i rospi non potranno fare mai niente di male... come far cadere i denti, provocare verruche, avvelenare o uccidere le persone. E le streghe non potranno usare i loro malvagi sortilegi perché ovviamente non troveranno nessun rospo da usare.»

«Capisco» disse Brom in tono cordiale. «Sembra molto interessante, e mi piacerebbe saperne di più, ma dobbiamo parlare con Jeod.»

«Certo» disse la donna, e li congedò con un cenno della mano per poi ricominciare a scrivere. Quando furono lontani dalle, orecchie dell'erborista, Eragon disse: «È suonata!»

«Forse» commentò Brom. «ma chi può dirlo? Magari finirà con lo scoprire qualcosa di utile, perciò non giudicare, E se i rospi fossero davvero soltanto rane?»

«Già, e le mie scarpe sono d'oro» ribattè Eragon.

Si fermarono davanti a una porta con un batacchio di ferro lavorato e la soglia di marmo. Brom bussò tre volte. Nessuno rispose. Eragon si sentì uno stupido. «Forse è la casa sbagliata. Proviamo quell'altra.» Brom lo ignorò e bussò di nuovo, con più forza.

Ancora nessuna risposta. Eragon si volse esasperato, poi sentì qualcuno accorrere. Una giovane donna con la carnagione pallida e i capelli biondi socchiuse la porta. I suoi occhi erano gonfi come se stesse piangendo, ma la sua voce era ferma. «Desiderate?»

«Jeod vive qui?» domandò Brom con gentilezza.

La donna fece un lieve cenno col capo. «Sì, è mio marito. Vi aspettava?» Continuava a tenere la porta socchiusa.

«No, ma abbiamo bisogno di parlargli» disse Brom.

«È molto occupato.»

«Veniamo da molto lontano. Dobbiamo assolutamente vederlo.»

Il volto della donna s'indurì. «È occupato.»

Brom era chiaramente seccato, ma il suo tono rimase cortese. «Bene, visto che non può riceverci, mia signora, potresti dargli un messaggio da parte mia?» La donna strinse le labbra, poi annuì. «Digli che un suo vecchio amico, di Gil'ead lo aspetta fuori la porta.»

La donna non nascose la sua diffidenza, ma disse: «Va bene» e richiuse la porta di colpo. Eragon udì i suoi passi allontanarsi.

«Che sgarbata» commentò.

«Tieni per te le tue opinioni» lo rimbeccò Brom. «e non dire niente. Lascia parlare me.» Incrociò le braccia, tamburellando le dita sui gomiti. Eragon chiuse la bocca e distolse lo sguardo. La porta si spalancò all'improvviso, e uscì un uomo alto. I suoi abiti costosi erano sgualciti, i capelli grigi spettinati, e il suo volto era cupo, la fronte bassa solcata da una lunga cicatrice. Alla vista dei due, sgranò gli occhi e si appoggiò allo stipite della porta, ammutolito. La sua bocca si aprì e si chiuse un paio di volte, come un pesce che annaspa. Poi, con voce sommessa e incredula, disse: «Brom...?»

Brom si portò l'indice alle labbra e tese una mano per afferrare il braccio dell'uomo. «È bello rivederti, Jeod! Sono lieto che la memoria non ti abbia tradito, ma non usare quel nome. Nessuno deve sapere che sono qui.»

Jeod si guardò intorno, ancora spaventato. «Credevo che fossi morto» sussurrò. «Che cosa ti è successo? Perché non mi hai fatto più sapere nulla?»

«Ti spiegherò tutto. C'è un posto dove possiamo parlare liberamente?»

Jeod esitò, spostando lo sguardo da Brom a Eragon e viceversa, il volto una maschera indecifrabile. Infine disse: «Non possiamo parlare qui, ma se aspettate un momento.. vi accompagnerò dove potremo farlo.»

«Bene» disse Brom. Jeod annuì e svanì dentro la casa.

Chissà se riuscirò a sapere qualcosa di più sul passato di Brom, pensò Eragon.

Quando Jeod.riapparve, c'era uno stocco al suo fianco. Indossava un giubbetto ricamato e un cappello piumato. Brom lo squadrò con occhio critico, e Jeod scrollò le spalle, imbarazzato. Li condusse attraverso Teirm, verso la fortezza. Eragon camminava dietro i due uomini, portando i cavalli per la cavezza. Jeod indicò la loro destinazione. «Risthart, il signore di Teirm, ha decretato che tutti i mercanti e i commercianti debbono condurre i propri affari nel suo castello. Anche se la maggior parte di noi svolge i propri affari da qualche altra parte, dobbiamo pur sempre affittare delle stanze qui. È un'assurdità, lo so, ma accettiamo per tenercelo buono. Nessuno potrà origliare la nostra conversazione; le mura sono molto spesse.»

Varcarono l'ingresso principale della fortezza ed entrarono nel maschio. Jeod si diresse verso una porta laterale e indicò un anello di ferro. «Puoi legare i cavalli lì. Nessuno li disturberà.» Dopo che Fiammabianca e Cadoc furono sistemati, Jeod aprì la porta con una chiave di ferro e li fece entrare. La porta dava su un. lungo corridoio illuminato da fiaccole inserite nei supporti lungo i muri. Eragon rimase sorpreso dal freddo e dall'umidità che dilagavano lì dentro.

Quando toccò una parete, le sue dita scivolarono su uno strato viscido. Rabbrividì. Jeod prese una fiaccola dal suo supporto e li scortò lungo il corridoio. Si fermarono davanti a una massiccia porta di legno. L'aprì e li invitò a entrare in una stanza con una pelle d'orso sul pavimento, poltrone imbottite e scaffali colmi di libri rilegati in pelle.

Jeod accatastò della legna nel caminetto, poi vi infilò sotto la fiaccola. Il fuoco attecchì subito. «Dunque, vecchio mio, adesso devi spiegarmi parecchie cose.»

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